IL LABORATORIO DI VIDEO PARTECIPATIVO DIVENTA UN CANTIERE DI STORIE DEL REALE
Di Fabian Volti
A Porto Torres una piccola cittadina portuale nel nord della Sardegna, abbiamo scoperto che la terra di mezzo tra il recente passato e la realtà di oggi è un ricordo, ma soprattutto una piccola borgata denominata da sempre Ponte romano.
Dalle fonti scritte veniamo a conoscenza che con la costruzione del Ponte Romano (il più grande e antico ponte romano dell’isola), risalente al I secolo d.C., si collegava l’antica colonia romana Turris Libisonis direttamente con i vasti campi di frumento della Nurra oltrepassando il fiume Riu mannu. Intorno alla metà degli Sessanta a Porto Torres sbarcò uno dei più importanti progetti chimici industriali d’Italia, oltre Ponte Romano fino a quella che oggi è la centrale elettrica di Fiumesanto, che determinò un’importante opportunità di lavoro per molte persone spesso provenienti dall’entroterra sardo e non solo.
Successivamente il declino della zona industriale, questa borgata fu di fatto abbandonata, ma non del tutto. L’ambiente intorno è caratterizzato dai terreni intorno al fiume Rio Mannu , ma soprattutto dalla storica spiaggia di Marinella. Nel passato la spiaggia di Marinella rappresentava una risorsa ambientale di unica bellezza che tutti ricordano per la sua sabbia e la sua acqua cristallina, un litorale molto amato dai sassaresi e portotorresi, che allora proseguiva ininterrotto – prima del polo chimico ed elettrico – fino alle saline di Stintino. Le rive del Rio Mannu erano un luogo di socializzazione, si lavavano i panni, si pescavano le anguille, a Marinella c’era un chiosco bar e si passava l’estate li.
Esplorando il territorio con le camere – questo abbiamo proposto nel laboratorio dopo aver discusso un primo soggetto – siamo arrivati nella borgata di Rio Mannu a piedi da Porto Torres, attraversando il ponte romano per continuare verso la zona industriale che oggi è soltanto un luogo di archeologia dell’industria pesante. La realtà ci ha riservato una sorpresa e osservando meglio la borgata ci siamo resi conto delle tracce di vita. A Ponte romano abbiamo incontrato i nostri tre personaggi: Maria, Francesco e i pescatori della “villa”, una baracca costruita sotto il ponte. Abbiamo raccolto le loro testimonianze, il loro pensare rispetto al passato trascorso, abbiamo ascoltato e registrato storie di vita, con quel senso emotivo di appartenenza forte che il legame con quel luogo oggi continua a rappresentare. Un microcosmo, di luoghi nei luoghi, ai margini di una società.
La signora Maria abita a Ponte Romano nelle ultime case rimaste dal tempo della SIR. E’ la moglie di un giovane pastore di Fonni che negli anni ’70 decide di cercare un lavoro migliore, abbandona la campagna per un lavoro sicuro nella chimica. Oggi il ricordo della signora d’istinto va verso quegli anni in cui a Porto Torres era la “puzza” dell’industria a farla da padrona, e l’aria era irrespirabile. Alla fine del periodo lavorativo il marito si ammalò e subito morì. Intorno al fiume resistono pochi spazi verdi sopravvissuti agli espropri, e qualche orto in campagna, qui sotto il ponte ferroviario incontriamo signor Francesco, un portotorrese di nascita, un “bainzino“!
Ricorda di trent’anni anni di lavoro nell’Enichem, un lavoro duro come carrellista, non accese mai una sigaretta in vita sua, ma lavorò come operaio di ditte esterne nella zona industriale, e per arrotondare praticò la pesca di frodo con l’utilizzo delle bombe, una pesca proibita. Ricorda bene come l’arrivo dell’Enichem cambiò tutto il territorio, il paesaggio e lo scenario ambientale, e fu per questo che le montagne di sabbie bianche di Marinella d’improvviso scomparvero e servirono per la costruzione delle piattaforme della zona industriale.
DaI ponte Colombo, una strada trafficata che passa sopra la foce del fiume e la Marinella, vediamo ormeggiata una piccola barca con un singolare tappeto persiano per rendere morbido il fondo, e scopriamo là sotto una vita di comunità, nascosta dietro un canneto e qualche albero di fico.
I pescatori della baracca alla foce del fiume, che per scelta restano anonimi, li vediamo uscire in barchetta a pescare al tramonto, ci raccontano che oggi la sopravvivenza a Porto Torres, dove non si vede nessun futuro, significa riconquistare quel luogo per emergere da un mucchio di macerie intorno. E’ una comunità variegata di pescatori, che sopravvivono alla giornata raccogliendo qualche frutto, coltivando un piccolo orto e vendendo qualche pesce. Mai prestatisi alla dinamica economica industriale, ma coscienziosi guardiani del loro territorio, hanno ripulito la foce del fiume, la abitano di vita ed la vita scorre nella semplicità di “una porta messa come basculante di fronte al mare per guardare le stelle“. Riprendiamo con gli occhi e le camere il contrasto tra le immagini mute dei profondi traumi di un cambiamento mai avvenuto, e la vita semplice di comunità, legata ai principi di autosufficienza e mutua solidarietà.
A due passi da Porto Torres, c’è una vita che sopravvive in mezzo a un cumulo di massi e uno spicchio di spiaggia, con copertoni vecchi di camion bagnati dal moto ondoso sull’arenile. Ponte romano è tutto questo, un luogo nel luogo sospeso nello spazio e nel tempo in cui si conserva il senso dell’appartenenza e insieme un’ esistenza (di resistenza).
Il Laboratorio di Video Partecipativo ha permesso un interessante percorso di scoperta di storie per un cinema del reale, scoperte insieme agli sguardi di un piccolo gruppo di giovani di Porto Torres, che hanno sperimentato l’esperienza di raccontare il proprio territorio con nuovi occhi, dando le spalle – per scelta condivisa nel soggetto – a quel passato industriale, che tuttavia dalle testimonianze e le storie raccolte, non si può cancellare.